N° 57
PROLOGO
Lo chiamano Triangolo d’Oro ed è un’area montagnosa
che comprende le zone di confine di Birmania (o Myanmar, se preferite), Laos, Vietnam e Thailandia. È il secondo produttore
mondiale di oppio anche se oggi la sua importanza nel traffico illecito è molto
diminuita. I governi dei paesi interessati hanno fatto poco o nulla per
stroncare il traffico d’oppio, spesso non ne sono neppure in grado. Quella
zona, infatti, fatta di giungle e montagne selvagge, è abitata da popolazioni
fiere che mal digeriscono il governo centrale e spesso vi si oppongono in armi.
Lì il tempo sembra essersi fermato, il mondo moderno si arresta davanti alla
sua soglia.
A
volte, però capita che qualcuno scelga deliberatamente di entrarvi ma raramente
è una buona idea.
L’uomo
che emerge dalla giungla è lacero e sporco. Avanza a fatica per poi crollare
esausto ai piedi del contadino che con stupore lo ha visto venire verso di lui.
Che
devo fare adesso? Si chiede il contadino. L’intruso è un occidentale, forse un
americano. Devo avvertire le autorità?
Quando
finalmente decide, spera di non aver commesso un errore.
1.
Il colonnello Michael Rossi USAF[1]
si schiarisce la gola prima di continuare a parlare:
-…alla fine il contadino ne parlò col capo villaggio
e dopo pochi giorni la notizia giunse al console americano che andò a
controllare. L’americano era un tenente di Marina appartenente ai Navy Seals.
La sua unità stava svolgendo una missione segreta nella zona del Triangolo
d’Oro che tocca i confini di uno stato talmente piccolo che quasi non appare
nelle carte geografiche… il Sin Cong… ne ha mai sentito parlare?-
Il
Maggiore Elizabeth Mary Mace USMC[2]
annuisce.
-I Vendicatori ne abbatterono il governo
tirannico un bel po’ di anni fa.-[3]
risponde –Le nostre truppe vi fecero un intervento qualche tempo dopo per
aiutare il governo locale contro degli insorti.-
-Complimenti per la memoria. In quel
fazzoletto di terra qualcuno o qualcosa ha annientato un gruppo scelto dei
migliori uomini di una delle unità d’élite delle nostre forze armate. Dovevano
infiltrarsi nel territorio e catturare o uccidere un trafficante di armi e
droga che ha il suo rifugio in una fortezza nelle giungle del Sin Cong ma
qualcosa è andato terribilmente storto. La sola cosa che è stato in grado di
dirci il solo sopravvissuto è stato che quello che li ha assaliti, cito
testualmente: non era umano.-
-Capisco signore.-
-Lo spero. Un secondo gruppo è stato mandato
ad investigare. Non è tornato nessuno.-
Sempre
più incoraggiante, pensa Liz. Dopo la sua ultima missione sperava di poter
avere un po’ di riposo ma il destino ha voluto altrimenti e così eccola a bordo
di un aereo militare diretta in una zona del mondo che per gli USA ha sempre
voluto dire solo guai.
Rossi continua la sua
esposizione:
-L’operazione era stata gestita dalla D.I.A,[4]
e visto che probabilmente c’è di mezzo un superumano, questo ha messo in moto
la nostra sezione.- Rossi fa una pausa poi aggiunge –Non avrei voluto
coinvolgerla in una cosa simile, ma l’ordine di mandare lei è venuto
dall’alto.-
-Un modo per punirmi per non aver recuperato
quel microchip?-[5]
chiede Liz un po’ seccata.-
-Credo di sì. Per quello che mi riguarda, sono
più che contento che informazioni vitali non siano nelle mani dei Russi o, peggio
ancora, dei Bielorussi o di quel sedicente Teschio Rosso. Ma non sono io al
comando.-
-Almeno non mi hanno degradato.-
Rossi
fa per dire qualcosa poi ci ripensa. Non è il caso di dire a Liz Mace che
qualcuno al Pentagono aveva l’intenzione di farla degradare ma che sia lui che
il suo comandante al J.A.G. della Marina sono intervenuti riuscendo a far
cadere l’idea. Penserebbe che vuol farsi bello con lei. L’aereo comincia la manovra d’atterraggio. Mike porge a Liz dei
documenti.
-I documenti di cui avrà bisogno per la sua
identità di copertura.-
Liz
li scorre rapidamente
-Charlene Marlow? Beh… meglio di Honey Rider,
se posso dirlo.- -Impersonerà un funzionario di un’organizzazione non
governativa. Non un granché di copertura. Una
volta all’interno sarà sola. Dovrà fare del suo meglio per raggiungere la
fortezza dove vive il nostro uomo e scoprire che fine hanno fatto i nostri
uomini e che razza di minaccia superumana c’è da quelle parti.-
-Un compito semplice, insomma.-
-Un ultima cosa, maggiore… torni viva.-
Un
altro aereo ed altri passeggeri. Il trasporto di due detenuti particolari
estradati a tempo di record dalle Isole Cook: Sin e Crossbones, la figlia del
Teschio Rosso ed il suo principale braccio destro, catturati da Capitan America
e il dal Guardiano d’Acciaio.[6]
Il
volto di Brock Rumlow, senza la sua maschera con un teschio stilizzato, è cupo,
mentre quello di Sinthea Schmidt è assolutamente impenetrabile. Nelle ultime
ore ha preferito dormire e risparmiare le forze. Ora è il momento di agire.
Nell’abitacolo
ci sono quattro vice U.S. Marshall addetti al trasporto prigionieri. Siccome
lei e Crossbones non hanno superpoteri, hanno pensato che non occorressero
particolari misure di sicurezza. Sbagliavano.
Le
sue manette si aprono di colpo e Sin colpisce i due agenti accanto a lei con
precisi colpi col taglio delle mani prima che questi, sorpresi, riescano a
reagire. Si alza in piedi e sferra un calcio a quello alla sua destra e gli
sfila la pistola, poi spara contro gli altri due centrandoli alla testa con
estrema precisione, quindi si rivolge a Crossbones:
-Aspettami qui Crossy, tesoro, farò in un
attimo.-
Senza
esitare si dirige alla cabina di pilotaggio da cui Brock Rumlow ode arrivare il
rumore di tre colpi di pistola.
Subito
dopo Sin ritorna e prese le chiavi di uno degli agenti libera Crossbones che
per prima cosa si rimette la maschera.
-Butta fuori i cadaveri mentre io dirigo
questo gingillo verso l’Isola del Teschio.- gli ordina.
Crossbones
vorrebbe replicare che non è il suo schiavetto personale, ma ci ripensa. La
ragazza ha carattere e gli piace sempre di più… oh se gli piace.
-A tuo padre non piacerà vederci tornare
sconfitti.-
-E chi è sconfitto? Se non fosse stato per
l’interferenza di quel bestione russo[7]
ora la nuova Capitan America sarebbe nelle nostre mani e alla fine lo sarà,
puoi contarci.-
Sexy
e spietata proprio la donna che fa per lui, anche se è più matta di un cavallo.
Il
Tenente di Marina Martin Luther King Mitchell entra nella saletta dove lo
attende un uomo dal volto cupo e teso.
Mentre
si siede davanti a lui lo esamina rapidamente: ha più o meno la sua età ma nel
suo volto c’è qualcosa, una specie di ombra.
-Tenente Mills Franklin R.- recita Marty
–Secondo del suo corso all’Accademia di Annapolis, primo nel corso di
ammissione ai Navy Seals, stato di servizio eccellente almeno finché non ha
avuto un crollo nervoso in cui sosteneva che gli abitanti della sua città
natale di Clairton in Virginia erano stati sostituiti da alieni mutaforma.-
-Era vero, non una mia fantasia.-[8]
risponde Mills.
-Vero… ma da allora non si è più ripreso
completamente. Il suo comportamento è diventato… vogliamo dire: erratico? Fino
ad arrivare ad una rissa in un bar di Norfolk in cui ha spezzato il braccio ad
un avventore ed il naso ad un altro. Non proprio quel che ci si aspetterebbe da
uno che fino a poco tempo fa era candidato a diventare uno dei più giovani
capitani della nostra Marina, non le pare?-
-Tagli corto tenente e mi dica cosa vuole.-
-Il J.A.G,[9]
mi ha mandato qui come suo avvocato. Se lei farà come le dico, riuscirò a
tirarla fuori dai guai.-
-Faccia come le pare.-
Sarà
un cliente difficile, pensa Marty sospirando.
2.
La
piccola imbarcazione risale pigramente il fiume. In piedi, appoggiata al
parapetto, Liz Mace guarda scorrere il paesaggio e riflette sulle assurdità e
contraddizioni della sua missione.
Il
suo stesso mezzo di trasporto, ad esempio, così palesemente antiquato, ma pare
che da quelle parti non ci siano altre alternative. La zona in cui si stanno
dirigendo è uno dei pochi posti del pianeta ad essere rimasta pressoché
sconosciuta, perfino i satelliti spia soffrono di una specie di blackout quando
vi passano sopra e la cosa è un po’ inquietante. Eppure qualcuno ha fatto di
quel fazzoletto di terra il suo regno privato e c’è qualcosa in grado di
annientare una squadra dei migliori militari degli Stati Uniti.
-Stiamo per entrare nella “Terra di Nessuno”.-
le si rivolge il capitano –Questo è il regno dei guerriglieri antigovernativi.-
-E a quale governo si oppongono?- chiede Liz.
-Oh… tutti. Ha solo l’imbarazzo della scelta:
Thailandia, Birmania, Laos, Sin Cong. Ognuno ha il suo avversario preferito e
quando non lo combattono spesso si fanno la guerra tra loro. Ma tutti hanno
bisogno della stessa cosa.-
-Mi faccia indovinare: rifornimenti. Cibo,
Vestiti, medicinali…-
-… e armi. Non possono mancare le armi,-
Liz è divertita dalla ruvida schiettezza del capitano.
-E a soddisfare queste…
necessità provvede lei?-
-Beh… non solo io … è ovvio,
ma qualcuno deve pur farlo.
-Capisco… è come fa a far
passare questi… beni ai controlli?-
Il capitano sogghigna mentre risponde:
-Merito di Santa
Mazzetta. Se c’è una cosa che è più diffusa della guerriglia da queste parti, è
proprio la corruzione. Tutti hanno un prezzo da queste parti e chi non ce l’ha…
beh non dura a lungo. Non so se mi spiego.-
-Si è spiegato
benissimo.-
-Ma ora veniamo a lei,
miss Marlow… perché una bella ragazza come lei dovrebbe venire in questo posto
dimenticato da Dio?-
-Lo sa… io lavoro per…-
-Un’organizzazione no
profit che si occupa di diritti umani… sì, me l’hanno detto… peccato che non ci
credo. Anche se avessero soldi da spendere per mandare una di loro quaggiù nel
pezzo più inesplorato di una fottuta jungla piena di zanzare, coccodrilli
serpenti e tanto altro ancora perché dovrebbero farlo? Non ha il minimo senso.-
Tanti saluti alla copertura, pensa Liz, e chi ha avuto la
brillante idea di concepirla. Magari là a Washington qualcuno sperava che non
reggesse e che lei non sarebbe tornata, una missione suicida.
-Le sue sono brillanti
deduzioni, capitano Willard, ma non posso confermarle.- replica.
-Ma nemmeno smentirle,
vero?- L’uomo fece un sorriso sornione –Per chi lavora veramente? La C.I.A.? O
è in uno di quei corpi speciali delle forze armate? C’è qualcosa di lei che mi
fa pensare a un militare. E Charlene Marlow è davvero il suo nome?-
-Il solo che le
interessi… e Ben Willard è il suo?-
-A dire il vero, no. L’ho
preso da un vecchio film che adoravo da ragazzino. Se avremo tempo e lei avrà
voglia di dividere con me una bottiglia di rum potrei raccontarle in quali
circostanze ho lasciato la Regia Marina Australiana.-
-Magari più avanti,-
replica Liz con un sorrisetto e torna ad affacciarsi al parapetto.
Dicono che al Pentagono ci si può perdere facilmente. Ci
sono leggende su gente che non riuscendo a ritrovare l’uscita è morta di fame e
di sete in uno dei corridoi ed aspetta ancora che il suo cadavere sia
ritrovato.
Sono, ovviamente, macabre esagerazioni, ma ciò non toglie
che Donald Anderson emetta un sospiro di sollievo non appena è all’aperto. A
volte quel luogo riesce a dargli un senso di claustrofobia.
Donald Anderson è Aiuto Vice Sottosegretario alla Difesa
per il Controspionaggio e la Sicurezza, un titolo altisonante per un ruolo che
consiste perlopiù nel leggere rapporti, dare pareri ed occasionalmente passare
qualche direttiva alle agenzie di intelligence dipendenti dal Dipartimento
della Difesa.
La maggior parte della gente non sa nemmeno della sua
esistenza, ma chi lo sta spiando in questo momento lo sa molto bene ed ha
deciso di farne il suo bersaglio.
Ignaro di essere osservato Anderson lascia il parcheggio
e salutata la guardia all’ingresso punta senza esitazione verso il raccordo che
lo porterà alla sua casa di Falls Church. Alle sue spalle due auto.
Joy Mercado spegne il suo computer dopo aver travasato le
ultime informazioni sul suo tablet e lascia la sua scrivania. Sta per andarsene
quando una voce familiare la ferma:
-Joy, posso parlarti un
momento?-
È Charlie Snow, il direttore di Now, il settimanale per
cui la ragazza lavora.
-Che c’è, Charlie?-
chiede.
-Ci sono novità
sull’inchiesta Mace?-
In Redazione non lo chiamavano l’attentato al palazzo del
F.B.S.A o la boba di Georgetown, per tutti era l’inchiesta Mace, dal nome del
loro reporter Jeff Mace, scomparso, probabilmente morto durante
quell’attentato.
-Nulla di nuovo,
purtroppo.- risponde Joy –Ci sto ancora lavorando.
Charlie scosse il capo e aggiunse:
-Se non trovi qualcosa
entro una settimana, dovrò assegnarti un’altra inchiesta. Siamo con l’acqua
alla gola e tu sei una delle mie migliori reporter.-
-Anche Jeff lo era.-
ribatte, piccata, la giornalista –Ed io voglio scoprire che gli è successo.-
-Non te lo impedirò di
certo…ma come ho detto, i tempi sono quelli che sono. Una settimana… se la
pista non è troppo fredda ti basterà e se lo è… beh niente ti vieta di
continuare a lavorarci mentre ti occupi anche di qualcos’altro.-
-Grazie Charlie.-
-Solo… sta attenta:
nell’ultimo anno e mezzo ho già perso tre reporter, non voglio arrivare a
quattro.-
-Nemmeno io Charlie.-
Joy percorre il corridoio a larghe falcate senza badare
agli sguardi di ammirazione che suscita nei maschi che incrocia fino all’ascensore.
Le parole di Charlie le hanno ricordato che oltre a Jeff,
la cui morte lei si ostina a non accettare, altri due suoi colleghi hanno fatto
una brutta fine. Il cadavere nudo di Gordon Clay è stato trovato nel fiume
Ohio, vicino a Cincinnati. Gli avevano sparato.[10]
La sua collega Isobel Aguirre, che era con lui è semplicemente scomparsa e il
sospetto che va per la maggiore è che, visto il tipo di inchiesta di cui si
stavano occupando lei e Clay, se non è stata uccisa anche lei, sia finita nella
cosiddetta tratta delle bianche e ora si trovi in qualche bordello in Estremo
Oriente o nell’harem di qualche sceicco.
Joy cerca di non pensarci mentre esce all’aperto ed
incontra la sua speciale guardia del corpo. Il taciturno Ace, appoggiato alla
sua moto.
-Possiamo andare, Ace.-
gli dice.
Lui si muove di scatto e l’afferra spingendola a terra
giusto un attimo prima che una pallottola attraversi l’aria proprio dove si
trovava la sua testa.
Mentre le passa la paura, il primo pensiero di Joy è: se
vogliono uccidermi, devo essere sulla pista giusta.
3.
Quando l’auto si arresta, Anderson pensa automaticamente
ad un guasto. Se è così, riflette, non gli resta che chiamare il soccorso
stradale ed attendere.
Quando due auto nere accostano una davanti e l’altra dietro
la sua capisce che sta succedendo qualcosa di strano e quando poi vede scendere
uomini armati comincia a farsi strada il panico,
Un oggetto circolare arriva improvviso a disarmare tre
uomini in un colpo solo. E ritorna in una mano guantata.
-Capitan America.-
esclama Anderson.
No, non è lui anche se il costume è simile e non è
neppure U.S.Agent. Questo qui indossa una replica quasi perfetta del costume di
Capitan America ma è bianco, mentre stivali, guanti e stella sul petto sono blu
marina.
Senza sforzo apparente sistema gli assalitori facendo
sfoggio di tecniche di lotta che ricordano proprio quelle di Capitan America,
poi, quando ha finito, si avvicina ad Anderson e fa il saluto militare.
-Sono il Comandante
America.- si presenta –Ho avuto notizia di un attentato ai suoi danni e sono
intervenuto subito. Avevano sabotato la sua auto con l’intento di rapirla o
ucciderla. Per fortuna, grazie a me, hanno fallito.
In lontananza si sente il suono delle sirene della
Polizia. Chi l’ha avvertita?
-Comandante…- quel grado
e quei colori… un progetto della Marina? –Come ha saputo dell’attentato?-
-Spiacente, signore, ma è
un’informazione classificata anche per lei.-
-Ma io lavoro alla
sezione intelligence del Pentagono.- protesta Anderson.
Il Comandante America fa un sorriso.
-Allora troverà di sicuro
chi le darà quest’informazione signore, ma non sarò io.-
Senza dargli il tempo di rispondere, l’uomo in costume
salta oltre il guard rail e scompare alla vista.
Liz Mace si sta concedendo una pausa per riflettere sulla
sua vita. È da tempo che non vede Marty Mitchell e forse è un bene. Cosa gli
direbbe adesso se si incontrassero? Ciao, Marty, sai: mentre ero nelle Isole
Cook sotto copertura mi sono fatta allegramente sbattere da un affascinante
agente russo e ci ho pure provato gusto.
Marty non si merita questo. Le stato vicino nei momenti
bui subito dopo la scomparsa di suo fratello ed anche se non l’ha mai detto
apertamente, lei è praticamente certa che sia innamorato di lei. Può davvero
spezzargli il cuore? Forse il silenzio è la cosa migliore: quello che Marty non
sa non può fargli del male.
Maledizione: lei è Capitan America e Capitan America
dovrebbe essere un esempio di integrità morale ed onestà, lei invece…
Qualcosa sibila accanto alla sua testa. Frecce?
Possibile.
-Ma che succede?- chiede
abbassandosi.
-Un comitato di benvenuto
della fauna locale.- risponde il capitano.
-Come? Credevo fossero
tutti amici suoi.-
-Non tutti, a dire il
vero. Da quel lato del fiume sono molto gelosi della loro privacy. Per fortuna
devono aver finito le munizioni. Beh, poco male, alla prossima ansa saremo
fuori dai guai.-
Ma dove sono capitata? Si chiede Liz. Questo viaggio pare
pieno di sorprese.
-Siamo vicini alla sua
meta.- dice Willard –Da qui in avanti dovremo stare attenti. Non gradiscono gli
intrusi.-
-Me n’ero accorta.-
-Non sono mai arrivato
così lontano.- continua il capitano –Di questi posti si dicono cose terribili e
se anche solo la metà è vera…-
Non finisce la frase: un’esplosione sotto di loro scuote
la nave.
Paul Hadley Morgan, l’indiscusso boss del crimine di
Harlem osserva torvo lo schermo televisivo, dove un’attraente giornalista sta
dando le notizie locali:
<<… ancora un raid
del supereroe Falcon contro lo spaccio di droga nel quartiere di Harlem. Questa
volta Falcon ha scoperto un laboratorio clandestino per la fabbricazione di
metanfetamine.>>
Morgan se ne esce con un’imprecazione e sbatte i pugni
sul tavolo. Falcon sta mantenendo la parola e gli sta causando un mucchio di
fastidi.
Deve trovare un modo per sistemarlo una volta per sempre
e deve trovarlo alla svelta.
4.
La prima impressione è
che il mondo le si sia aperto sotto i piedi, poi capisce che è solo stata
sbalzata fuori dalla barca. Le sue dita si stringono istintivamente sul suo
borsone. L’acqua del fiume si richiude su di lei e Liz lotta per non affondare.
La seconda esplosione le giunge ovattata dall’acqua. Le
sue gambe si muovono veloci cercando di sfuggire ad un gorgo che tenta di
portarla sempre più sotto. Sarebbe tutto più facile se lasciasse il borsone, ma
non può e non vuole: ha bisogno di quel che contiene. È stata addestrata a
nuotare appesantita da zavorre ed ora si vedrà se sono state ore spese bene.
Con un ultimo sforzo giunge in superficie e respira a grandi
boccate. Da quel che vede il barcone si è spezzato in due tronconi e sta
rapidamente affondando e le acque intorno sono rosse e affollate di
coccodrilli. Con vigorose bracciate Liz guadagna la riva. Non ha tempo di
pensare, deve andarsene da lì e subito, prima che arrivi qualcuno a controllare
se ci sono stati superstiti. Si addentra nella jungla finché non è sicura di
essere abbastanza lontana e finalmente si ferma. I suoi abiti sono stracciati.
Quel che non ha fatto l’esplosione, lo ha fatto la camminata ed in più è
fradicia sino all’osso. Si spoglia rapidamente.
Nuda nella jungla tropicale e senza la possibilità di
accendere un fuoco. Beh, potrebbe andare peggio, pensa, potrebbe piovere.
Quando le prime gocce la colpiscono rimane per un attimo
interdetta, poi allarga le braccia e ride.
Il temporale passa in pochi minuti e Liz si stende ad
aspettare che il sole la asciughi. Inutile prendersela, pensa, meglio far buon
viso a cattivo gioco. Questa missione è nata sotto una cattiva stella. Vorrebbe
essere nel suo appartamento a scambiarsi coccole con Marty Mitchell. Non gli ha
mai detto cosa prova per lui e…
Si rizza a sedere di scatto. Qualcosa l’ha colpita su un
fianco. Si è addormentata come una stupida e ora davanti a lei ci sono due
uomini armati che indossano una divisa sconosciuta e parlano una lingua che non
capisce.
In altri momenti sarebbe imbarazzata a trovarsi nuda
davanti a due uomini, ma dopotutto quella è una situazione anomala.
-Parlate Inglese?- chiede
ostentando una calma che è ben lontana dal provare.
La risposta è incomprensibile. Ancora la canna di un
fucile si muove
-Calmi… ho capito.- Liz
si alza in piedi e contemporaneamente alza le mani –Va bene così?-
I due uomini rimangono imbambolati per qualche istante ed
è un istante di troppo.
La gamba destra di Liz scatta di colpo vibrando un calcio
rotante al mento dell’uomo alla sua destra. Allo stesso tempo la ragazza di
spinge in avanti e colpisce il secondo uomo col taglio della mano direttamente
al pomo d’Adamo.
Meno di dieci secondi e gli avversari di Liz sono
entrambi a terra svenuti.
-Che idioti.- borbotta
tra sé la ragazza –Pare che non abbiano mai visto una bionda naturale.-
Perde del tempo a legarli stretti e poi getta il più
lontano possibile i loro Kalashnikov. Fruga nel borsone e ne trae fuori il
costume di Capitan America con tanto di scudo. A questo punto tanto vale
indossarlo. Starà più comoda e potrà fronteggiare meglio eventuali pericoli.
Non si preoccupa molto che i due che si lascia alle spalle possano identificarla:
per loro non è che una bionda qualunque e poi dubita che abbiano badato molto
alla sua faccia.
Senza perdere tempo si addentra nella jungla.
Nel suo appartamento di Norfolk, Virginia. Il tenente di
Marina Franklin Mills si versa un bicchiere di whisky.
Sta buttando nel cesso la sua brillante carriera e ne è
consapevole, ma si sente come se fosse a bordo di un’auto con i freni rotti che
sta andando a tutta velocità lungo una ripida discesa. Vorrebbe fermarsi ma non
sa come fare.
Vuota il bicchiere e ne riempie un altro. Rimane a
guardarlo per un paio di secondi poi lo getta rabbiosamente contro un muro.
-Maledizione!- urla e poi
piomba a sedere su una poltrona del soggiorno.
Rimane a sedere molto a lungo, poi afferra il cellulare e
forma un numero.
-Vorrei parlare con il
tenente Mitchell.- dice.
Non saprebbe dire da quanto tempo sta camminando, ma il
GPS le dice che è vicina alla sua meta: il punto in cui la squadra SEAL è stata
massacrata. Da chi o cosa sta a lei scoprirlo.
Capitan America si muove con circospezione finché non
raggiunge una radura. I segni dello scontro sono ancora evidenti anche se la
jungla sta già facendo del suo meglio per farli sparire. Cap guarda quel che
resta dei corpi: perfino lei, che non si intende di medicina legale, non ha
difficoltà a capire che i corpi sono stati straziati. Non sono stati gli
animali della jungla dopo il massacro. No… è stata la stessa cosa che il ha
uccisi… la stessa che potrebbe essere ancora da queste parti.
Come a rispondere alla sua domanda inespressa da lontano
si ode una sorta di ruggito.
Una belva o peggio?
5.
L’agente della C.I.A. Simon Bixby siede nella sua
scrivania nella sede dell’agenzia a Langley in Virginia esaminando una serie di
rapporti che trova noiosissimi e rimpiangendo i tempi in cui passava la maggior
parte del suo tempo all’estero sul campo. Un dannato burocrate è quello che sta
diventando, pensa.
Il suo cellulare squilla. La chiamata viene da uno che
non è abituato ad aspettare.
<<È solo?>>
la voce del leader del Consorzio Ombra è alterata elettronicamente.
-Sì lo sono.- la voce di
Bixby cerca di non essere sussiegosa.
<<Non le chiedo se
la linea è protetta perché so che non è uno stupido. Ho apprezzato com’è andata
l’operazione Anderson. Pensa che il nostro uomo sia pronto per la seconda
fase?>>
-Ne sono assolutamente
sicuro.-
<<E allora proceda.
Voglio i risultati per l’inizio della prossima settimana.>>
-Li avrà.- è la concisa
risposta.
La conversazione finisce e Bixby appoggia il cellulare
sul tavolo. L’apparato nascosto ha registrato la telefonata su un dispositivo
appena più grande di un’unghia
Bixby sorride. Come ha detto il leader, lui non è uno
stupido.
Sam Wilson guarda il gruppo di persone davanti a lui: sua
sorella Sarah, sua consigliera a volte un po’ troppo aspra ma sempre sincera;
il figlio di lei, Jody Casper, un tempo
ragazzino difficile oggi determinato assistente sociale; il Reverendo Garcia,
che guida la congregazione Battista di Harlem; Kamal Rakim, ex senatore degli
Stati Uniti molto influente nella comunità nera; Leila Taylor, manager
elettorale, moglie di Rakim ed ex grande amore di Sam; Claire Temple, medico
dei diseredati ed attuale interesse sentimentale di Sam e il suo socio il
dottor Noah Burstein, il solo bianco presente, a pensarci bene.
Si trovano tutti nel suo ufficio cittadino di Senatore
dello Stato di New York per sentire l’annuncio che deve fare, un annuncio che
alcuni di loro aspettano con impazienza ed altri, forse, temono.
Sembra quasi che le parole gli escano con riluttanza:
-Vi ho chiamati qui…-
inizia -… per dirvi che ho deciso di presentare la mia candidatura al seggio
del 13° distretto congressuale di questo Stato.-
Le reazioni sono quasi tutte entusiastiche. Sua sorella
lo abbraccia, il Reverendo Garcia gli stringe la mano.
-Finalmente mi hai dato
retta, Wilson.- gli si rivolge Rakim –Non ho dubbi che vinceremo.-
-Io comincio a darmi da
fare.- interviene Leila Taylor –C’è ancora molta strada da qui alle primarie.-
Beh… pensa Sam… è stato più facile di quanto pensasse. Si
avvicina a Claire che è rimasta in disparte.
-Che cosa ne pensi
veramente?- le chiede.
-Penso che sei l’uomo
giusto per il posto ma… lo sai in che vespaio ti stai cacciando? Se pensavi che
le elezioni al Senato di Stato fossero difficili, non hai ancora visto niente.
I tuoi avversari non arretreranno davanti a niente pur di farti a pezzi.-
-Facciano pure.- replica
Sam –Non m’importa. Io so solo che non potevo restare in disparte, dovevo fare
qualcosa. Sarai con me in questa avventura?-
-Non devi nemmeno
chiederlo, lo sai. .-
-Non mi serve sapere
altro.-
Si china a baciarla senza accorgersi che Leila lo sta
osservando. Senza dir niente esce dalla stanza,
Il sole cala rapidamente nella Jungla. Capitan America avanza
circospetta usando il suo scudo per farsi largo. Da un po’ di tempo ha la netta
sensazione di essere osservata ma non vede niente. Alle sue spalle ogni tanto
sente dei rumori: rami spezzati, fruscii e poi un sordo brontolio e si fanno
sempre più vicini.
Se il suo avversario è una belva avrebbe dovuto
raggiungerla da parecchio. Sta giocando con lei come farebbe il gatto col topo.
Questo indicherebbe intelligenza umana? Non necessariamente ma…
Improvvisamente davanti a lei, nel buio, due occhi gialli,
poi un ruggito e qualcosa le salta addosso.
Cap blocca l’assalto con lo scudo. Il suo assalitore si
ritrova respinto indietro ma con una capriola ricade sui suoi piedi.
Ora Liz riesce a vederlo: è una sorta di felino
antropomorfo. Ha i tratti salienti di una tigre e la stessa ferocia, sembra. Le
ricorda quel tizio che ha affrontato suo fratello tempo fa, Bengal,[11]
che ci sia un legame? Sia come sia, è lui… o lei… che ha massacrato la squadra
dei SEAL? Possibile che ci sia riuscito da solo?
Improvvisamente l’essere dall’apparenza felina sembra
diventare più grande mentre salta verso di lei. Ancora una volta Liz solleva lo
scudo ma lo slancio del suo avversario la spinge a terra.
Artigli si infrangono contro lo scudo. Liz spinge via il
suo avversario con un calcio e si rialza. Prova a colpirlo ancora ma è agile e
si sottrae ai suoi tentativi.
Potrebbero andare avanti per ore, pensa Liz, poi,
improvvisamente sente la testa esploderle.
Non sa dire cosa l’ha colpita. Cade in avanti e sente il
sordo ruggito del suo avversario bestiale, poi una voce maschile secca:
-Ferma!-
Poi il buio cala su di lei. Quanto dura non saprebbe
dirlo. Quando riapre gli occhi è in un’ampia sala. In pochi istanti Liz ricorda
cosa è successo e si rende conto di essere legata. Evidentemente non hanno
voluto ucciderla. Almeno in qualcosa è fortunata. Se non altro è arrivata nel
luogo che cercava: la fortezza del misterioso signore di questa jungla
Un uomo in divisa la spinge la spinge avanti, verso una specie
di trono dove siede l’uomo più grosso che ha mai visto: deve essere alto quasi
due metri e pesare più di duecento chili. Così a occhio sembra vietnamita.
Vedendola sorride sinistramente e parla in un Inglese
pesantemente accentato:
-E così tu sei la donna
che pretende di essere Capitan America…benvenuta nel regno del Generale Wo.-
CONTINUA
NOTE DELL’AUTORE
Poche chiacchiere e via libera alle note.
1)
Come forse avrete intuito anche solo dal titolo, questo racconto vuole
essere un omaggio al classico romanzo di Joseph Conrad “Cuore di Tenebra” ed
anche al grandioso film ad esso ispirato, “Apocalypse Now”, diretto da Francis
Ford Coppola. Come nel romanzo e nel film, la nostra protagonista deve risalire
un fiume per giungere in un luogo misterioso dominato da un’oscura figura. Il
nome assunto da Liz Mace, Charlene Marlow, si rifà a quello del protagonista
del romanzo di Conrad, Charles Marlow, mentre quello del capitano
dell’imbarcazione che la trasporta, Ben Willard (a sentir lui un nome falso assunto
in onore del protagonista di un vecchio film) si rifà a quello del capitano
Benjamin L. Willard, interpretato da Martin Sheen, nel film di Coppola.
2)
Il Sin-Cong è uno dei tanti stati inventati della Marvel e potremmo
definirlo una sorta di pseudo Vietnam. La sua prima apparizione (pur senza nome
risale ad Avengers Vol. 1° #18 datato luglio 1965.
3)
Il Tenente di Marina Franklin Mills è un personaggio inventato da Fabio
Volino su Difensori MIT #46 di cui mi sono impadronito. Di lui sappiamo è stato
compagno di corso di Liz Mace quando entrambi erano all’Accademia Militare di
Annapolis e suo amante in quel periodo e che in seguito ha superato la
durissima selezione per entrare nell’unità scelta nota come Navy SEAL, Altre
cose le sapremo col tempo, visto che ci farà compagnia per un po’. Grazie
Fabio. -_^
4)
Per i pochi che se lo chiedessero SEAL, che in inglese significa
sigillo è un acronimo per SEa, Air, Land: Mare, Aria, Terra a significare la
versatilità di quest’unità di pronto intervento della Marina.
Nel prossimo episodio: Capitan America faccia a faccia
col Generale Wo e con i suoi segreti, Sam Wilson scopre le spine della politica
e nuove rivelazioni sul Comandante America.
Carlo
[1] United States Air Force.
[2] United States Marine Corps.
[3] Su Avengers Vol. 1° #18 (Prima edizione italiana su Thor, Corno, #27).
[4] Defence Intelligence Agency
[5] Nello scorso episodio.
[6] Come visto nell’episodio #55.
[7] Il Guardiano d’Inverno sempre nell’episodio #55.
[8] Credeteci sulla parola o altrimenti leggete Difensori MIT #47748.
[9] Judge Advocate General, il servizio che fornisce giudici, pubblici accusatori e avvocati alle forze armate americane. Quello della Marina serve anche i Marines e la Guardia Costiera.
[10] Lo potete Leggere su Iron Man MIT #37.
[11] Su Capitan America MIT #34/37.